Dai duri scontri con Capello alle ruggini con Ranieri

21/02/2016 alle 17:24.
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IL TEMPO (E. MENGHI) - In origine fu Carlos Bianchi, ma la fila è lunga: non è la prima volta che ha problemi con il suo allenatore. Che sia ancora saldo in panchina o sia già lontano da Trigoria. L’argentino ebbe la «colpa» di volerlo vendere, quando era ancora giovanissimo, e fu il capostipite di una sfilza di tecnici che si sono trovati ad affrontare la gestione del capitano. I maggiori dissidi il numero 10 giallorosso li ha avuti con Capello, uno che non sa nemmeno cosa siano i peli sulla lingua: «Si ricordi nell’anno dello scudetto, lui sa», la provocazione dell’allenatore passato nel frattempo alla . Il botta e risposta a distanza durò a lungo e non le mandò certo a dire: «Non mi accadrà mai più di essere allenato da Capello. Non è una persona vera. Si comportava in modo diverso nei rapporti con i giocatori. Da parte sua non c'è stato rispetto né per la squadra né per la società. Io sono una persona educata e non polemizzo con chi è più grande di me, ma anch’io potrei raccontare fatti personali». Sottintesi velenosi e strascichi polemici che non costituirono un «unicum» nella carriera di , che nel 2009 si lasciò male con . Una rottura tra capitano e panchina alla base dell’addio del toscano, di questo si parlava allora e ora torna prepotentemente d’attualità. «Nella , Amauri e Iaquinta fanno anche i terzini per rincorrere l’avversario, noi pensiamo ai colpi di tacco in mezzo al campo», disse con chiaro riferimento a Francesco dopo l’ultima sfida ai bianconeri. «Non lo capivamo più, qualche problema con il gruppo c'era», aveva ammesso il 10 giallorosso a saluti fatti. Non andò meglio con Ranieri, che fece sua una frase dell’ex dirigente Baldini: « è pigro, per questo va in panchina», salvo poi rettificare. Ma l’esclusione di San Siro contro il Milan e l’ingresso in campo a un minuto dalla fine a Genova con la Samp sono fatti impossibili da ignorare e non li prese affatto bene. Ne uscì una sfuriata basata sullo scarso livello di gioco della squadra: «Col catenaccio non vinceremo mai», l’accusa del capitano, che i cambi non li ha digeriti nemmeno sotto la gestione Luis Enrique e . Il primo lo sostituì al 73’ contro lo Slovan Bratislava: dentro Okaka tra i fischi dell’Olimpico e Roma eliminata clamorosamente dall’Europa League. Il francese scatenò la rabbia del numero 10 (negli spogliatoi senza passare per la panchina) contro il Torino, una ribellione che a molti ricordò i capricci con Zoff in Nazionale. Persino l’amato Zeman nella sua seconda avventura romana ebbe uno scontro con , in un’amichevole estiva.

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