Quell'invito mancato al party di Pulcinella

20/11/2009 alle 10:20.

IL ROMANISTA (S. PACIFICI) - La lupa, She Wolf, perde il pelo ma non il vizio. Perché come un fiume carsico, quando ci si trova nei momenti difficili, rispunta fuori la subdola tentazione nascosta di scegliersi la stampa con la quale parlare. Così accadde a Civitavecchia, quando fu ammessa poca stampa per dire al mondo che “io con la Roma non ce magno”. E così hanno fatto anche ieri, quando per rispondere all’articolo apparso sul Messaggero che riguardava la crisi con Unicredit e le iniziative di quest’ultima verso il bilancio di Italpetroli, si sono chiamate alla chetichella quattro testate per far loro ascoltare la replica del presidente all’articolo del quotidiano di via del Tritone.

Un happyhour a inviti, due salatini, quattro chiacchiere e un drink. Un party di Capodanno o una festa in maschera di Carnevale. Tu vieni vestito da Pulcinella, tu da Arlecchino, io mi metto il cuscino sul panzone e mi

travesto da Balanzone. Giusto ieri, in prima pagina, Giancarlo Dotto ci ricordava l’infinito dipanarsi della

matassa kafkiana di misteri insoluti che accompagnano da sempre l’operato di questa dirigenza. Misteri di tutti i tipi, eh?, che hanno fatto da tragicomica quinta ai continui silenzi comunicativi, agli scarni comunicati,

alle ripetute assenze di considerazione di una tifoseria appassionata e partecipe come poche altre al mondo.

Eppure a un così buffo mistero, non riusciamo ad abituarci. Ma si può anche solo pensare che, in un mondo dove uno starnuto fatto cinque minuti fa a New York fa crollare la Borsa a Milano, ai giornali si possano nascondere le cose? Si può pensare di sfangarla senza avere tra i piedi tutti i quotidiani, perché magari tra loro c’è qualche testata più critica delle altre? Si può pensare di fare un listone “tu sì tu no” senza rischiare di sollevare l’imbarazzo e lo sdegno dell’intera categoria dei giornalisti? Si può avere questo concetto di trasparenza, questo concetto di comunicazione? Sembra incredibile, sembra improbabile, sembra fuori dalla graziadiddio. Sembra. Invece quello che appare incredibile, qua diventa la norma. Si può.

Qualcuno con un briciolo di santissima compassione dovrebbe spiegare a certe menti elette che l’Italia da dopo la guerra è una democrazia che contempla nella sua Costituzione la libertà di stampa, la libertà di sapere. Che il feudalesimo è finito da un pezzo, che il vassallaggio è roba da libri di storia secondo volume, che con l’iphone tra un po’ ci facciamo pure il caffè oltre che telefonare e ordinare libri su internet. Che il lunedì sera ci incolliamo davanti a un catodico Grande fratello per scoprire come fanno la pasta i ragazzi della casa del Tuscolano (macchissenefrega, direte voi. E certo, appunto per questo). Che comunque, volenti o nolenti, la globalizzazione ci ha divorato oltreché i mercati commerciali anche gli spazi di possibile inciucio inter nos. E’ tutto in piazza, ormai. Andatelo a chiedere a quei balordi che l’altra sera sono stati pizzicati dalle telecamere di

Termini mentre pestavano un poveraccio. Pure la blindatissima rivolta dei monaci tibetani è riuscita a sfondare le porte della repressione, inondando di violenza (e di conoscenza) il web. Pure la repressione dei capataz iraniani ha bucato il muro della Rete e ha versato fiumi di sangue nelle teste del mondo, facendo capire. E allora, e perciò, di nuovo: come si fa a pensare di nascondere qualcosa?

Quando Il Romanista fu bandito da Trigoria, si sollevò l’indignazione dei colleghi, quella delle istituzioni giornalistiche, persino quella delle istituzioni politiche. Imbarazzate evidentemente da liste di proscrizione, per di più alla vigilia della presentazione di un’idea di stadio. Idea che richiedeva, urbi et orbi e al fianco dei vertici della Roma, proprio quelle stesse istituzioni. L’indignazione, allora, produsse una retromarcia sotto forma

di lettera. Qualcuno in quella occasione ci disse: ecco, mapperò, siete stati un po’ freddini, siete sempre gli stessi, i soliti malfidati. A quei qualcuno che non capivano del tutto, rispondo oggi: come vedete, un motivo

c’era. Perché il “sistema”, il trattamento riservato alla stampa, questo era. Questo è rimasto, il lupo. E questa è, ancora oggi, l’As Roma.

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