IL ROMANISTA (M. IZZI) - Gennaio 1978, allOlimpico un RomaJuventus che per certi versi ricorda la sfida che sta per andare in scena a Torino. Una Roma giovane (Di Bartolomei 22 anni, Chinellato 22, Bruno Conti 22, Musiello 23, Boni 24, Menichini 24, Peccenini 24, Paolo Conti 27), affronta una Juventus capolista lanciata verso la conquista del titolo
Una Roma giovane (Di Bartolomei 22 anni, Chinellato 22, Bruno Conti 22, Musiello 23, Boni 24, Menichini 24, Peccenini 24, Paolo Conti 27), affronta una Juventus capolista lanciata verso la conquista del titolo.
In campo i giallorossi, come racconteremo, annientarono la formazione bianconera (dove giocavano qualcosa come 7 atleti che avrebbero preso parte ai Campionati del Mondo dArgentina e 5 futuri campioni del Mondo di Spagna 82) con un 3-1 annichilente. Allora come oggi al timone bianconero cera un rappresentante della famiglia Agnelli. Solo che allora il soggetto in questione era lavvocato per antonomasia: Gianni Agnelli. Abbandonando gli spalti, il signor Fiat dichiarerà: «Con quel Di Bartolomei in bianconero, Bettega vincerebbe la classifica dei cannonieri a spasso. Venti gol e più sarebbero alla sua portata». Era piaciuto molto Di Bartolomei e la cosa spaventò non poco lambiente romanista. Per dirla tutta il numero 59 del mensile Giallorossi del febbraio 1977 dedicò il suo editoriale, firmato dal direttore Gabriele Tramontano, proprio a questa vicenda. Il titolo diceva: «Gianni Agnelli vuole Di Bartolomei».
La copertina mostrava Ago a mani alzate nel rituale saluto al pubblico di fine gara. La preoccupazione, vivissima, era dovuta al ricordo ancora bruciante del ratto dei gioielli dellestate del 1970, quando Capello, Landini e Spinosi (in quel momento ancora in bianconero) avevano rappresentato la linfa vitale con cui si erano avviati i ruggenti Anni Settanta della Vecchia Signora e incarnato i tristi anni del ridimensionamento delle ambizioni giallorosse. Gaetano Anzalone, però, principale sponsor della linea verde della Roma, non aveva nessuna intenzione di privarsi di quello che stava diventando luomo guida della squadra e quello dellAvvocato rimase solo un sogno.
Dicevamo della partita: i primi due numeri ad uscire sulla ruota dellOlimpico sono l8 (il numero di Agostino) e il 12. E proprio al 12, infatti, che Di Bartolomei vanamente inseguito da Tardelli e Scirea, fa secco Zoff. Come dite, partenza a razzo? Ma se è per questo il primo gol della Roma era arrivato addirittura due minuti prima, con Prati, ma Casarin aveva ravvisato il fuorigioco bianconero dordinanza e il pubblico aveva dovuto attendere la bomba di Ago per esultare. Al 21 acuto bianconero con Bettega che prende il tempo a Paolo Conti e lo supera, sulla linea, però, è appostato De Sisti che evita il pareggio. Al 32 il raddoppio della Roma è a metà tra un gioco di prestigio e un numero da Clown del circo. Veloce scambio tra Menichini e Conti, Bruno da trenta metri fa partire un lancio per Prati che però è pressato dallarrivo di Morini.
La Peste finta laggancio, ma poi allarga le gambe e lascia passare il pallone che sorprende Zoff (che nonostante la pioggia ha inzuccato un cappellino da pensionato in gita balneare a Fregene) e finisce in rete. Per comprendere quanto Bruno Conti fosse già entrato nel cuore dellambiente romanista, basta vedere le immagini che documentano le reazioni alla rete. Non sapremo mai che faccia aveva il goleador, perché Bruno venne letteralmente sommerso dai compagni (lo raggiungono almeno in sei) e dai raccattapalle (tre).
Al 68 il capolavoro romanista è completo: lancio di De Sisti per Musiello, raggiunto al centro delarea avversaria, Morini, nel tentativo di anticiparlo devia maldestramente nella sua porta. A poco serve il gol della bandiera di Bettega a un minuto dal fischio finale. A fine gara c è ancora tanto dinteressante da raccontare, a partire dalla scena che mostra Bruno Conti (sostituito da Liedholm su sua richiesta per una brutta botta allanca) avvicinarsi al direttore di gara Casarin per chiedergli il pallone.
Quello era infatti il primo gol in serie A della sua carriera e il giovanotto di Nettuno voleva giustamente conservarlo come un trofeo. Sugli spalti dellOlimpico, detto delle bramosie di Agnelli, un altro spettatore illustre, il tecnico della Nazionale Enzo Bearzot, racconta di aver visto qualcosa dinteressante: «La vittoria della Roma è nata a centrocampo perché Di Bartolomei, De Sisti e Boni, appoggiati da uno splendido Bruno Conti, unala tornante davvero molto efficace, oggi sono stati molto rapidi nel rilanciare lattacco giallorosso ogni volta che avevano il pallone, e il loro filtro è stato prezioso». Quellala tornante così preziosa, cinque anni più tardi diventerà uno dei cardini centrali della Nazionale Campione del Mondo di Enzo Bearzot.