Riflessioni sul caso Totti e la "grana" Vodafone

23/08/2011 alle 17:05.

SPORTECONOMY - L'esplosione del caso Totti nella parte finale di questa torrida estate romana è solo il finale di una gestione per certi versi

Una gestione passata, presente e futura, dove sinceramente (non ce ne voglia nessuno) vediamo una serie di errori tecnici. La domanda, infatti, che molti addetti ai lavori, che hanno avuto modo di lavorare con l'atleta romano in tutti questi anni, dovrebbero farsi (e che stranamente non si pongono) è solo una: ...Ma quanto avrebbe potuto guadagnare la Roma o lo stesso calciatore se fosse stato gestito in modo diverso da come è stato gestito fino ad ora?

Una domanda che si dovrebbe porre non solo la precedente gestione societaria, ma anche il gruppo di parenti che lo supporta, giorno dopo giorno, nello sfruttamento dei diritti di immagine individuale. Non è una domanda banale, perchè esistono casi conclamati come quello di David Beckham, dove ogni attività dell'icona inglese è studiata a tavolino da un pool di esperti in comunicazione, pubblicità e immagine (e non dai parenti dell'atleta Uk). E i risultati commerciali sono visibili a vista d'occhio. "Becks" è ancora oggi ai primi posti, per i guadagni pubblicitari, secondo la tradizionale classifica stilata dal magazine Forbes, superando stelle del calibro di .

Gli errori, se così vogliamo chiamarli, sono stati commessi da parte di tutti. La famiglia Sensi, per esempio, ha costruito l'immagine della squadra e della società solo attorno a , andando contro quello che, ormai, è il modello-base del marketing dei top club inglesi: individuare una serie di campioni da far ruotare nelle campagne adv, magari mercato per mercato (lo sta facendo in Italia il Milan concedendo i top player, non uno solo, ai top sponsor del club).

L'ultimo spot di Turkish airlines per il Manutd conferma proprio questa tesi: sì, è presente Wayne Rooney, ma è presente, a vario titolo, tutta la squadra, perchè un club di prima fascia non può limitarsi all'immagine di un solo giocatore, anche se di livello. Aver incensato ha fatto sì che questo giocatore si considerasse di fatto pari all'immagine del club e questo è stato un errore. Il suo contratto è schizzato alle stelle (oggi vale circa il 9% del fatturato globale della società) e ogni decisione del passato passava obbligatoriamente per l'immagine dello stesso, diminuendo parallelamente quella individuale degli altri compagni di gioco. Ma il vero colpo di teatro è stato quello di consentire a (pur in presenza di un contratto faraonico) di fare pubblicità a una marca rivale di Wind, attuale sponsor della As Roma. Chi si occupa di marketing sa perfettamente che l'uomo immagine di un brand (in questo caso l'As Roma) deve viaggiare parallelamente all'esigenze della società che ti paga lo stipendio.

In questo caso specifico fa i suoi interessi, che, però, contrastano con quelli dell'A.s.Roma e non possiamo immaginare che in casa Wind siano tutti contenti di questa digressione telefonica del "capitano". E' chiaro che quando Di Benedetto è entrato ufficialmente in possesso del club, non un minuto prima, e ha analizzato questo aspetto ha capito subito che doveva (da nuovo proprietario) inviare un messaggio chiaro al suo "dipendente".

Un dipendente non puo' andare contro gli interessi della sua società, soprattutto se è strapagato, come nel suo caso. Ha un costo finanziario elevato e va troppo per la sua strada, perseguendo solo i suoi interessi commerciali (leciti sì, ma in conflitto chiaro, come nel caso della Vodafone, con quelli della Roma). Di Benedetto, però, si trova in una situazione kafkiana. Se oggi cedesse vedrebbe in un solo secondo azzerarsi i ricavi da merchandising (o comunque ridursi drasticamente) del suo club. Perchè il merchandising della Roma, a torto o a ragione, è schiacciato sull'immagine del capitano.

Nei prossimi mesi cercheremo di capire se Di Benedetto, contratti alla mano, cercherà di recuperare il rapporto con il suo uomo-simbolo, convincendolo magari a passare da Vodafone a Wind, così come fece Valentino Rossi, prima uomo-Alice (Telecom Italia) e poi testimonial Fastweb, oppure se si andrà allo scontro diretto, perchè il contratto blindato di lo tutela in tutto e per tutto.

Il tempo ci aiuterà a rispondere a questo quesito. Una cosa è certa: poteva essere più uomo-azienda (in questo non diamo una medaglia d'oro alla gestione Sensi), ma poteva anche guadagnare di più se, oltre alla sua famiglia, avesse scelto, in stile Beckham, una società ad hoc specializzata nello sfruttamento dei diritti d'immagine. E il fatto che questo calciatore di assoluto livello da troppo tempo scenda in campo con degli scarpini da calcio senza marca (tecnicamente "unbranded") fa riflettere (e molto) gli addetti ai lavori.

Non ce ne voglia la famiglia di  (che lo difende e tutela su tutta la linea, come è giusto che sia), ma (forse) troppo amore certe volte soffoca e quando si vale così tanto bisogna aver il coraggio di operare una serie di scelte anche in controtendenza con quanto fatto fino ad oggi. Proprio perchè non è solo un calciatore, ma un vero e proprio brand e come ogni brand deve essere gestito in chiave marketing.

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