Siamo alla pausa di riflessione ma il matrimonio è già concluso

29/01/2013 alle 09:02.

IL MESSAGGERO (P. MEI) - Zeman 2 e la Roma, il sequel americano che di americano ha poco. Ora non è più il “se”, ma il “quando” per il calo del sipario. Una nuova figura di precariato milionario viene inventata a Trigoria: il licenziato in casa. Che c’è di americano in questo finale fra Zeman e la Roma-yankee? Qualche

 
Qui invece c’è la pausa di riflessione, che contempla anche il cambio di allenatore. È il matrimonio che classicamente s’avvia al divorzio, e c’è solo da aspettare chi farà il primo passo, che poi è l’ultimo, e da definire gli alimenti. Appunto il “quando” e il “quanto” e non il “se”. Aspettando pure il “chi”, ma se abbiamo visto Tachtsidis preferito a o Goicoechea a Stekelenburg, non ci sarà da meravigliarsi in nessun caso. Neppure Zeman avrà da meravigliarsene, no? Chiunque, non eventualmente ma ormai sarebbe da dire certamente, fosse il prescelto.
 
C’è da chiedersi quanto mai dovrà durare questa pausa di riflessione: fino a venerdì, giorno del Cagliari che all’andata non fece neppure un gol alla Roma, una rarità, ma forse perché la partita mai si giocò e fu decisa a tavolino? Fino all’attesa di conoscere se la Lazio avrà eliminato la in Coppa Italia e la Roma l’Inter e dunque si profilerà all’orizzonte quel derby di finale all’Olimpico, che la Roma di Zeman può davvero guardare come la Grande Speranza ma anche la Grande Paura, dato che il boemo giallorosso non è che fin qui abbia avuto il feeling giusto? Quel che è andato sciorinando nel suo fiume di parole il direttore parlante di turno, , tradito (quanto involontariamente chissà) da un «quel che Zeman ci lascia» subito corretto da un «ci lascerebbe», sembrerebbe il finale di una partita cominciata con l’entusiasmo del primo tempo e che si sta chiudendo nel grigiore di tutti i recuperi e di una classifica che vede la Roma, ai punti, più lontana dalla che è prima che non dal che è quart’ultimo. Una partita come tante che si sono viste in questa stagione: tanti fuochi d’artificio per cominciare, ma poi erano solo piccoli petardi. E tutti a dir la loro (non a fare il loro) specie a microfoni aperti. Tutti? Sarebbe ingiusto generalizzare: perché, come sempre, «un capitano, c’è solo un capitano».
 

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