Il leader De Rossi

21/06/2012 alle 09:31.

IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - Universale, l’etichetta che Cesare Prandelli gli ha appiccicato addosso. E così Daniele De Rossi gioca a tutto campo - con classe e personalità - anche quando c’è da parlare dell’Italia, dell’Inghilterra avversaria domenica a Kiev, di Balotelli, di politica e, ovviamente, anche della sua Roma, «ho

 
ZEMAN - «L’ho sentito pochi giorni fa, tramite Tempestilli, per la prima volta. Abbiamo parlato solo cinque minuti. Non lo conosco personalmente, non ho mai lavorato con lui così come con tutti gli altri tecnici che erano in lizza, escluso Vincenzo (Montella, ndi) al quale faccio gli auguri perché è un grande allenatore. Mi incuriosisce tanto, Zeman: è un personaggio che ha portato grande entusiasmo a Roma e probabilmente l’effetto Zeman ha influito sugli abbonamenti e a riaccendere una passione che negli ultimi tempi si era un po’ addormentata. Sarà interessante conoscerci a vicenda. A me hanno parlato bene di lui tante persone che lo conoscono, lui avrà sentito parlare di me spero da persone che mi conoscono. So che ama i professionisti e io lo sono. Sul discorso tattico non faccio commenti: lui è l'allenatore e deciderà se farmi giocare in porta o in attacco o dove vorrà».
 
IL MERCATO - «A fine campionato dissi alcune cose («Servono investimenti importanti, un’organizzazione veloce e soldi», ndi) perché era il momento giusto per dirle. Il mercato non chiude domani: c’è tempo, aspettiamo fiduciosi e speriamo bene. Non è mio compito commentare ogni acquisto o mancato acquisto della Roma: io devo fare il giocatore, farò il giocatore ma quello che ho detto dopo Cesena-Roma lo penso tuttora».
 
IL RETROSCENA - «Se potevo giocare in Inghilterra? C’è stata un’attrazione reciproca, vero. È un calcio che mi piace e che ha superato quello italiano per talenti e campioni. Ma potrei fare lo stesso discorso per il calcio spagnolo. A una squadra inglese è legato un mio doppio ricordo: il gol più bello e più inutile l’ho segnato al Manchester United. E da tifoso della Roma dico che nessuna vittoria dell’Italia contro l’Inghilterra potrà mai rimarginare la ferita di quel Roma-Liverpool».
 
GLI AVVERSARI - «Io non ho mai giocato contro una nazionale inglese, e la cosa mi eccita. Questa squadra non dobbiamo scoprirla ora: ha un’impronta italiana visto che anche Roy Hodgson ha esperienza del nostro calcio. Non sono tatticamente sprovveduti. Gerrard, il giocatore universale per eccellenza, è sempre stato il mio idolo ma non c’è soltanto lui: ci sono tanti giovani interessanti, specie sulla fasce. Capello in panchina poteva far spavento: con tutto il rispetto per l'attuale ct, lui è un valore aggiunto. A Roma mi ha portato dalla Primavera alla prima squadra, sono arrivato con lui all’Under 21 pronto già per la nazionale maggiore: dire che gli devo tutto è poco. E ho sempre fatto il tifo per lui, tranne quando è andato alla ».
 
IL RUOLO - «Non pensavo di trovarmi così bene da difensore centrale, ma - se potessi - sceglierei un altro ruolo. Solo che lì c’è uno dei più grandi centrocampisti della storia del calcio italiano (Pirlo, ndi) e io mi devo spostare da un’altra parte. Felice di farlo, onorato di giocare al fianco di uno come Andrea».
 
BALOTELLI - «Serve fino ad un certo punto dirgli che non deve reagire a eventuali provocazioni degli inglesi: gioca ad altissimi livelli da tanti anni, saprà da solo come affrontare la partita. Vittima dei tabloid? È un calciatore forte che gioca in Inghilterra, ogni tanto ha fatto qualche casino e allora... Ma lui convive bene con la popolarità. Non so se i tabloid ce l'abbiano con lui o se è lui a dargli da mangiare. A ventidue anni è grandicello. Diciamo sempre che è giovane, ma ormai è un ometto. È tanto che lo aspettiamo. Non lo vedo estraneo al gruppo: al posto suo vorrei semplicemente essere trattato come tutti gli altri. Io alla sua età, al Mondiale, diedi una gomitata e fui trattato senza alcun riguardo».
 
L’EUROPEO - «Ci mancano tre passi, tre passi per arrivare fino in fondo. L’Italia non è felice di affrontare l’Inghilterra e non lo sarebbe stata neppure se l’avversaria fosse stata la Francia. Siamo arrivati secondi nel girone, e questo vuol dire qualcosa, ma il passaggio del turno è stata un’iniezione di entusiasmo». 
 
IL CASO UCRAINA - «Abbiamo parlato di Yulia Timoshenko e di questo imbarazzo politico europeo prima di partire: è un caso grave, ma non è facile giudicare l’operato della classe politica o di chi ci governa. Ci sono equilibri sottili che io non conosco. Noi ci limitiamo a giocare: non siamo noi che possiamo risolvere questa situazione».
 
I TIFOSI - «Lanciare un appello perché vengano a Kiev? Il problema è che bisogna vedere chi se lo può permettere. È un momento delicato dal punto di vista economico, non possiamo aspettarci che i nostri tifosi vengano in massa come quelli inglesi. Con loro, d'altra parte, si è sempre in minoranza».

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