Manfridi: «Cos’è la Lazio? Biblicamente è il male»

04/03/2012 alle 10:59.

IL ROMANISTA (V. VERCILLO) - Dal 12 novembre 1972 al 4 marzo 2012. Quarant’anni di derby, «e li vivo sempre peggio». Giuseppe Manfridi, autore, sceneggiatore, scrittore, attore, il drammaturgo italiano vivente più rappresentato all’estero



C’è il derby, come arriva la Roma a questa gara?


Beh, insomma... non si poteva arrivare al derby in condizioni più complicate. È una disfatta in campionato, polemiche... C’è un senso di fragilità che purtroppo ci si porta dietro in modo altalenante dall’inizio del campionato. Purtroppo c’è proprio un’incapacità di essere certi di cosa sia questa squadra, che a volte ha fatto vedere cose stupefacenti che non sono regredite, ma letteralmente svanite. Bisogna sperare che dopo aver toccato un punto così basso, ora ci si rialzi.



Che partita sarà?

È una partita che la Lazio affronterà con la consapevolezza di poter ghermire, perché ha dato prove di volitività che la Roma non ha spesso dato. Penso a quella sciagurata vittoria della Lazio contro il Cesena: se avessero vinto tranquillamente 2-0 sarebbe stato meglio. Ma così si sono riforniti dell’idea che volendo possono prendersi in mano una partita quando pare e piace a loro. Noi oggi siamo reduci da una sconfitta con la Lazio, e non più dalle 5 vittorie consecutive: improvvisamente l’ultima sconfitta iniqua - in stile appunto laziale - ha reso “vecchie” quelle vittorie. Se non dovesse andare in un certo modo sarebbe un’infilata a vantaggio altrui che quasi comincerebbe a pareggiare i conti.



Che cos’è la Lazio?

Biblicamente il male. È qualcosa di primordialmente malvagio, di iniquo. Raccoglie il senso dell’insensatezza. È qualcosa che non dovrebbe esistere, e che esistendo quindi in qualche modo sporca il paesaggio, per essere addirittura razzisti. È una mia ossessione: se devo pensare alla Lazio in modo ideologico la ritengo un coacervo di iniquità che ha portato difatti a qualcosa di assolutamente infame che è LazioInter di due anni fa.



Di Luis Enrique cosa pensa?


Mi suscita emozioni molto alterne, soprattutto positive però. Certo, da tifoso mi consento anche a qualche imprecazione contro. Temo che sia in certe situazioni un po’ “zemaniano”, ovvero temo che non sia un allenatore da derby. Spero che senta questa gara più di quanto io pensi. E quindi vorrei che sia una partita “mazzonianamente” diversa dalle altre, e non “zemaniamente” come le altre. Il primo derby della sua vita? Premetto che io non sono figlio d’arte. Mio padre è diventato affettuosamente romanista perché suo figlio è nato tale: sono io che ho tramandato la passione al mio papà. Il mio primo derby dunque l’ho visto tardi. Era un Roma-Lazio con la Lazio reduce dalla serie B. Vinsero 1- 0, gol di Nanni al mio amatissimo Ginulfi, che si fece “uccellare” da questo tiro quasi da centrocampo.



Com’è cambiato il tifo da allora?

Allora c’era un rapporto più osmotico, mi ricordo che c’erano anche dei laziali in Sud che però non vennero linciati. Ma io ricordo pure che andai a vedermi un Lazio-Inter col fazzoletto della Roma in Nord, e nessuno mi disse niente: ricordo l’incredibile natura fantascientifica dell’evento. E c’era nel mio primo derby questo laziale davanti che per scaramanzia continuava a dire: “Ma tanto non c’è speranza, pareggiano sicuramente”. E io mi attaccai alla sua scaramanzia: tanto più ci si avvicinava alla fine, quanto più si convinceva che la Roma avrebbe pareggiato e vinto. Non fu così. Il primo derby che ricordo invece con immenso entusiasmo fu quello in cui la Roma vinse a pochissimi istanti dalla fine con un gol di Prati, dopo che la Roma era stata tritata per tutta la partita. Io ero in Sud e nel primo tempo la Lazio attaccò costantemente: quindi un’ansia continua, perché c’era un batti e ribatti sotto i nostri occhi. A un certo punto arriva un pallonetto che scavalca Conti. Io ancora ricordo che dicevo: “Va bene, hanno segnato, è finita”. E invece si vede spuntare dal fondo della terra un piede che arriva sotto la traversa che in rovesciata butta via il pallone dalla linea di porta. E a quel punto si cominciò a sperare nel pareggio. A pochi minuti dalla fine la Roma avanza verso la Curva con la palla: in quel momento era come un parente che rivedevi dopo anni d’assenza. Da un cross basso spunta Prati che in scivolata la mette dentro, per poi andare a festeggiare in ginocchio dentro una pozzanghera sotto la Sud.



Come vive i derby oggi?

Malissimo, è una partita che non vorrei vedere. Tanto è vero che ora sono in montagna, speravo di tornare a Roma domenica sera, invece i miei figli mi hanno “costretto” ad andare allo stadio. Io lo soffro moltissimo, anche perché devo ammettere che mi pesa davvero vedere la Nord. Stare nello stesso spazio... non lo so, mi pesa. Le sensazioni che vive oggi in un derby sono le stesse che viveva anni fa o sono cambiate? Le sensazioni cambiano, perché nei primi derby che vivevo non avevo memoria di quelli precedenti. Era solo la partita di quel momento. Oggi invece i derby sono il riassunto di tutto un passato che comunque si conferma sgradevole e brutto. Ieri come oggi, il patimento per un derby perso ha qualcosa di più incisivo della gioia di uno vinto. Perché questa è effimera, invece il derby perso non te lo fanno dimenticare. A meno che non si arrivi a capolavori come il 5-1: tripletta di Montella, si trema il giusto quando Stankovic fa il 3-1, ma poi arriva il quarto dell’Areoplanino e il gol stupefacente di . Il giorno dopo, ancora lo ricordo, ero in macchina e mi venne per istinto di suonare il clacson. A distanza di un secondo mi rispose un’altra macchina: la à era rimasta felice, perché Roma è felice quando vince la Roma. Continuo a sostenere che la gioia per lo scudetto laziale sia come un parrucchino in testa a un calvo, e Roma è stata costretta a dargli albergo come un ospite straniero. Roma è felice quando la Roma è felice, e quest’episodio lo dimostra: il giorno dopo la vittoria di un derby, se uno sente un clacson suonare conosce il motivo e risponde.



Chi sarà l’uomo derby?

Se c’è in campo, significa che l’uomo partita da candidare è sempre il capitano. E giocherà. Tra l’altro per lui sarà una partita diversa. Premetto che ogni record di è un record della squadra, visto che si è totalmente immedesimato della realtà Roma. E con il prossimo gol, se dovesse essere nel derby, raggiungerebbe Delvecchio. Credo che non possa non essere il recordman dei gol fatti alla Lazio. Lui dovrebbe giocare fin quando non supera Delvecchio, anche se dovesse arrivare a 50 anni. Dovrebbe entrare in campo anche solo se ci dovesse essere un rigore da tirare. E in più, come ricordavo con il mio amico Tonino Cagnucci, il prossimo gol di sarebbe il 212 in serie A: significa che raddoppierebbe il record di Pruzzo. Io credo che non esista al mondo una squadra di questo livello che abbia il suo capocannoniere storico capace di realizzare il doppio del suo secondo capocannoniere storico. E se lo facesse contro la Lazio, bisogna tener presente che con un gol realizzerebbe di nuovo due risultati da record fantastici, quindi altri due trofei della Roma. Uomo derby, quindi? L’opzione reale, passionale, è . E poi mi gioco una carta pazza e dico Marquinho