
CORSERA (B. TUCCI) - Un lettore di sponda giallorossa mi chiede: «Lei pensa che il presidente americano possa capire e soffrire per il derby?». Ed un altro di fede laziale mi domanda: «Ritiene che giocatori che non hanno niente a che fare con la nostra città possano dannarsi l'anima domenica sera?». Sono i due aspetti nuovi di un match che per i tifosi della cu
Certo, i patemi d'animo non sono gli stessi. Solo chi è nato e vive a Roma da anni sa alla lettera che cosa significa vincere o perdere un derby. Solo chi siede sugli spalti di una curva soffre interiormente come pochi altri. D'accordo, non si può paragonare il cardiopalma di un ultras con quello di un dirigente o di un giocatore che ora veste una maglia e l'anno prossimo ne indossa un'altra. Però, affermare che soltanto i Totti e i De Rossi comprendano e tutti gli altri no è sbagliato profondamente. È vero: nella Lazio non ci sono più i D'Amico, i Di Canio o i Nesta. Ma ci sono elementi (ne cito uno d'esempio, Tommaso Rocchi) che alla squadra biancazzurra hanno dato molti anni della loro vita sportiva. Dunque, per concludere, siamo ottimisti e non vediamo sempre il bicchiere mezzo vuoto. Domenica sera all'Olimpico, sono sicuro, assisteremo ad una partita di alto livello, perché sia la Roma che la Lazio manderanno in campo formazioni di tutto rispetto. Auguriamoci, quindi, che sia un gran bel derby. Onoriamolo sugli spalti con un degno comportamento. Grida ed incitamenti quanti se ne vuole. Sempre nel limite della decenza e del rispetto reciproco.