Serie A, Dal Pino: «Calcio vicino al disastro economico. Al Governo non chiediamo aiuto ma ristori»

31/10/2020 alle 10:43.
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CORSERA - «Stiamo attraversando gli anni più difficili della storia del campionato italiano dal dopoguerra. Il calcio sta rischiando il disastro economico-finanziario». La sintesi è di Paolo Dal Pino, presidente della Lega serie A, che in una lunga intervista ha parlato dell'epidemia Coronavirus. Oltre che degli effetti avuti a livello personale (lo stesso Dal Pino è risultato positivo al Covid), il numero uno della Lega ha parlato di quelli sul massimo campionato italiano. Questo un estratto dell'intervista:.

K'appello al Governo a cui ha chiesto misure di ristoro per il sistema calcio?
«Ho scritto al premier usando un tono diretto. Chi banalizza il mondo del pallone non conosce la sua importanza, il calcio è innanzitutto un'industria primaria dell'entertainment, un prodotto che compete a livello globale. Un fenomeno attorno a cui si coagula l'interesse di 30 milioni di persone. Il calcio non è solo star, campioni, ingaggi milionari, ma un movimento che coinvolge 300 mila lavoratori complessivi. La demagogia, il populismo e la superficialità di giudizi vanno da parte. Il calcio ha un linguaggio universale, perciò chiedo al Governo che si possa ragionare di sistema: lavoriamo insieme, non contro».

Quali soluzioni suggerisce?
«Ne indico tre: la prima sono i ristori per i danni sofferti dal calcio a causa delle misure restrittive imposte dal Governo. La seconda la richiesta ai ministri interessati affinché si lavori insieme. Sulla riforma dello Sport non siamo stati nemmeno consultati, parliamoci per cortesia. Condividiamo tavoli di lavoro. La terza è l'attenzione al valore che il calcio possiede e che la politica non immagina neppure: in Italia per la dimensione sociale che ha, all'estero come veicolo di comunicazione».

È fiducioso che il suo grido d'allarme venga ascoltato?
«Nella lettera che ho inviato all'Esecutivo ho ricordato che questa industria registra un fatturato di 4,7 miliardi, di cui 3 prodotti dalla serie A. Versa contributi fiscali di 1,2 miliardi, è la locomotiva di tutto lo sport italiano e ha un ruolo sociale rilevante. Il Governo ha destinato forme di ristoro a settori produttivi: perché non viene considerato il calcio che denuncia perdite per 600 milioni, dopo che per un anno viene impedito l'accesso del pubblico negli stadi?».

Quanto è reale il pericolo che corrono molti club di non poter pagare gli stipendi?
«Siamo molto vicini al disastro economico-finanziario. Da un lato lavoriamo con la Figc per misure sul ritardo dei pagamenti o l'introduzione di un salary cap. Dall'altro, se non avremo respiro attraverso ristori e dall'entrata in scena dei fondi nella media company della Lega, il rischio che il sistema si fermi è molto alto».

L'ingresso dei fondi nella gestione della serie A può essere la soluzione?
«A febbraio sono stato contattato da Cvc, ho portato la proposta in assemblea e dopo mesi siamo arrivati all'ipotesi di cedere il 10% della Lega per la costituzione della media company. II 13 ottobre abbiamo concesso l'esclusiva di un mese al consorzio Cvc, Advent, Fsi con cui sta negoziando il comitato formato da De Siervo e cinque club. Abbiamo ottenuto tre risultati: il primo è stato la condivisione di un percorso strategico, il secondo la consapevolezza che la Lega di A ha un valore sul mercato di i6 miliardi, l'ultimo l'identificazione di un modello di business».

 

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