Cassazione: «Uccise Ciro Esposito, 16 anni a De Santis»

26/09/2018 alle 13:20.
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IL MESSAGGERO (M. ALLEGRI) - Antonella Leardi è stata presente praticamente ad ogni udienza, fino al terzo grado di giudizio, quello definitivo. Ieri, la mamma di Ciro Esposito, il tifoso napoletano ucciso a Roma più di quattro anni fa, ha ascoltato i giudici della Cassazione confermare la condanna a 16 anni di reclusione per Daniele , l'ex ultrà della Roma che, il 3 maggio 2014, poco prima della finale di Coppa Italia, sparò a quel ragazzo di 25 anni, morto 53 giorni dopo al policlinico Gemelli. La Suprema Corte ha respinto il ricorso dell'ultrà giallorosso che, dopo la riduzione di pena ottenuta in appello - da 26 a 16 anni -, puntava ad un ulteriore sconto. Antonella ha abbandonato l'aula solo quando hanno preso la parola i difensori di . «Volevo la verità, e l'ho avuta: non mi interessa quanti anni farà in carcere, ma solo che siano state definite le sue responsabilità», ha detto dopo il verdetto. Poi, è tornata a , nel quartiere di Scampia, dove vive con i due fratelli di Ciro.
IL PROCESSO La Cassazione ha così scritto la parola «fine» a un processo che dura da più di quattro anni e che in primo grado, nel maggio 2016, si era concluso con la condanna pesantissima. La III Corte d'assise aveva infatti sostenuto che quell'omicidio, avvenuto a Tor di Quinto, nella zona Nord di Roma, facesse parte di un piano «preordinato», che prevedeva una provocazione da mettere in pratica contro un «pullman di tifosi inermi», poco prima della finale di Coppa Italia tra e . Il pm Eugenio Albamonte accusava di omicidio, rissa, lesioni, porto di arma da fuoco e possesso di materiale esplodente. Un anno dopo, il 27 giugno 2017, i giudici d'appello avevano ridotto la sentenza di 10 anni. Per la Corte di secondo grado, non ci sarebbe stato nessun agguato premeditato e Ciro, con altri amici, «colpì con un pugno». Gli spari sarebbero arrivati poco dopo. In appello era stata nuovamente respinta la tesi dell'ultrà, che si era giustificato parlando di legittima difesa: per i giudici sapeva che, sparando, avrebbe potuto uccidere, «aveva posto le condizioni obiettive che provocarono la sequenza culminata nell'omicidio». Erano però state escluse le aggravanti dei futili motivi e della recidiva, ed era caduto il reato di rissa. Da qui lo sconto di pena. Ora, la Cassazione ha confermato quel verdetto.
LE REAZIONI «Finalmente è finito questo calvario giudiziario - hanno sottolineato gli avvocati Angelo e Sergio Pisani, che assistono gli Esposito - Non ci può essere soddisfazione, non riporterà in vita Ciro, però è una sentenza che può essere da esempio per il mondo del calcio, colpito da questo crimine così come la famiglia Esposito e la città di . Chiaramente non siamo soddisfatti della riduzione di pena concessa in appello». Per gli avvocati Tommaso Politi e David Terracina, difensori di , invece, «era la stessa sentenza a descrivere un contesto da legittima difesa. Il nostro assistito ha sparato solo quando era stato raggiunto e aggredito, come dice appunto la sentenza, dopo avere provato in ogni modo a sottrarsi all'aggressione. Aspettiamo le motivazioni».

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