Totti pensò: "Ci vorrebbe un amico”. E arrivò il Ds Monchi

24/03/2018 alle 20:54.
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Circa un anno fa, o forse un po' prima, stando alle cronache, la Roma individuava in Ramon Rodriguez Verdejo,meglio conosciuto come Monchi, l'uomo che doveva assumere l'incarico di successore di , ma soprattutto di direttore sportivo per il futuro. In questo futuro non era più previsto il giocatore più importante della storia giallorossa, , che il 28 maggio scorso smetteva di tirare calci al pallone [...]

«Ci vorrebbe un amico», avrà pensato il Dieci, in quei giorni, probabilmente senza immaginare che quell'amico di lì a poco sarebbe diventato un'icona del calcio internazionale come Monchi. Uno che sbarcava a Trigoria quasi come un marziano, rispettato da tutti per i risultati ottenuti, ma tutto da scoprire, come una ventata d'aria fresca d'estate, come un 30 giugno qualunque. Venticinque anni. Un'era. E poi nove mesi. Tanto ci vuole in natura per una nuova vita. Ancora è presto per dire se è stato "partorito" il dirigente , ma certamente il suo percorso nella sua nuova dimensione prosegue. Lo stiamo vedendo provare a cimentarsi su più versanti, sta conoscendo il mondo che c'è oltre la linea bianca di gesso. Sorteggi, interviste - poche - istituzionali, qualche battuta (e telefonata) di mercato, come quando la Roma stava acquistando un potenziale crack di mercato come Patrik Schick. La giacca e la cravatta, nuovi strumenti del mestiere che Monchi gli sta insegnando a indossare, come due giorni fa a Madonna di Campiglio all'evento "Together AS Roma". Insieme, appunto. Lo smartphone al limite, ma non più gli scarpini e i parastinchi. Con calma, però, piano piano. L'esatto contrario di una sua giocata, di quelle più veloci della luce. Giusto così, risponde chiunque abbia fatto sport a un certo livello, perché per imparare ognuno ha i suoi tempi, specialmente chi sa di avere tanto da insegnare, da trasmettere. Prima di tutto che cos'è la Roma: è questo quello che Monchi ha già capito stando a stretto contatto con Francesco, il suo «insegnante», come scrisse su . Essere romanisti è qualcosa che non si può spiegare, ma si deve vivere [...].

Un rapporto vero e sincero, quello che si è instaurato tra i due, che siedono sempre vicini in tribuna. «Vicino», un avverbio che suona come la chiave della relazione tra e Monchi in ottica presente e futura, perché è accanto al campo che si immaginava Francesco dopo la sua carriera.

(Il Romanista - G. Fasan)

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