Nuovo Stadio Roma, la Raggi alza la testa e sfida Berdini e i mullah dell'M5S

12/01/2017 alle 05:22.
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AFFARITALIANI.IT (F. CAROSI) - La sfida del sindaco-coraggio è doppia: non si piega all'assenza dell'urbanista Berdini al tavolo della trattativa con i proponenti dell'opera, disponibili alla revisione delle cubature pur di portare a casa l'investimento milionario di Roma e ignora la base del Movimento che addirittura prepara un delibera per annullare la “pubblica utilità” votata dal Comune di Roma con Ignazio Marino sindaco.

L'AUTONOMIA DEL SINDACO
Tra clamorosi errori e tentennamenti, Virginia Raggi finalmente dà una prova di autonomia governativa, ponendosi come sindaco di Roma e di tutti i romani e non come mera attuatrice delle “follie programmatiche” di una base composta da migliaia di brave persone e “infiltrati” che agiscono come mullah, il cui unico obiettivo è paralizzare ogni attività che possa far risorgere la città, piegata da assenza di lavoro, assenza di progettualità e zero prospettive. Raggi dialoga a distanza ma non accetta i diktat del fantomatico tavolo di coordinamento dell'Urbanistica che proprio il giorno dopo il primo accordo sulle cubature soggette a lieve dimagrimento, tuona sulle bacheche di la sua contrarietà all'accordo che permette di rispettare le scadenze della Conferenza dei Servizi della Regione Lazio, inneggiando alla Guerra Santa. Si legge nella bacheca del “Tavolo cultura Roma M5S”, la “lettera aperta” di Francesco Sanvitto che subdola interessi occulti e annuncia che il tavolo sta mettendo a punto la delibera di annullamento della “pubblica utilità” da portare poi in Commissione Urbanistica e, se approvata, finire sul tavolo del sindaco e della Giunta.

PAOLO BERDINI ALL'ANGOLO
Una posizione antistorica, fondamentalista e che non ha nessun tipo di rapporto con la realtà, che si aggiunge e sovrappone a quella dell'assessore Paolo Berdini, ormai in aperto ma silenzioso conflitto con il sindaco, solo perché non può egli stesso mettere nero su bianco un no al lavoro svolto dal collega e sodale Giovanni Caudo che aveva invece trovato il coraggio di mandare avanti l'iter sul nuovo stadio.
Ora, Berdini è notoriamente un tecnico di sinistra, “appollaiato” su una cattedra universitaria in quella Tor Vergata, oggetto di attenzione e business di Francesco Gaetano Caltagirone, da sempre contrario allo Stadio e a qualsiasi opera possa far capo alla famiglia . Berdini, dunque, è stretto nella sua stesa morsa: non si dimette per non lasciare il campo aperto a
, , Raggi e Beppe Grillo, ma non prende posizione per non sconfessare un collega di lobby come Caudo. E così tace e aspetta, magari che la base del Movimento faccia per lui il “lavoro sporco” di dire no e meta i bastoni tra le ruote della Raggi. Non ha altra soluzione che tornare “accademico”.

DIMISSIONI O RIMPASTO
Solo che l'ultima parola spetta al sindaco che, a questo punto è di fronte a un bivio: aspettare che il destino si compia da solo, oppure prendere carta e penna e rispedire Berdini a Tor Vergata, dando uno scossone alla giunta per dire una volta per tutte che la democrazia partecipata via è giusta quando si è all'opposizione ma poi chi governa deve guardare al presente e al futuro, guardando la passato come un periodo da dimenticare. Tanto ci pensa la magistratura a fare piazza pulita. E se poi dovesse arrivare venerdì all'alba la notifica dell'avviso di garanzia, va bene così. Chi fa il sindaco lo deve mettere in conto e aspettare la sentenza. In ultima analisi, la Raggi dovrebbe smettere di leggere e magari ascoltare i canti stonati delle sirene più esperte di alieni in arrivo sulla terra che di capacità di governo. I loro curricula parlano chiaro: basta leggerli.

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