Lo scorso anno la morte di Ciro. Poi le minacce alla curva giallorossa

04/03/2015 alle 08:48.
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IL TEMPO (M. VITELLI) - Non solo -. Il pessimo clima che si respira nella capitale ogni volta che la squadra partenopea sale a giocare in riva al Tevere, o quando le romane scendono al San Paolo, ha radici profonde che negli anni si sono irrobustite e ramificate.

Il terreno è compromesso, rimuoverle sarà difficile e impiegherà tempo. Certo è che la morte di Ciro Esposito avvenuta a seguito dell’agguato pre-finale di Tim Cup il 3 maggio 2014, drammatica e ingiustificabile, è stata l’apice di una guerriglia pseudo-sportiva che ha riempito spesso le cronache dei giornali relegando ai «pezzi» sulle partite solo spazi marginali. Negli anni le tre tifoserie (romanista, laziale e partenopea) hanno partorito e cantato cori specifici sugli odiati avversari. Le accoglienze sono state quasi sempre degli agguati studiati a tavolino con piani di battaglia progettati da «generali» con la sciarpetta al collo. A dover subire inevitabilmente questa pressione, anche gli addetti ai lavori. I calciatori, i dirigenti, gli arbitri e gli inviati di stampa e Tv.

L’ultima trasferta della Roma all’ombra del Vesuvio, lo scorso primo novembre, è stata accompagnata da un corollario di situazioni assurde, molto più adatte ad una guerra che ad una partita di calcio. La squadra costretta a cambiare hotel per non dover affrontare un pericoloso attraversamento della à in pullman, gli elicotteri a vegliare la sicurezza dal cielo, le forze dell’ordine dispiegate in strada come a Belfast ai tempi dei «troubles». E questo in assenza dei supporters romanisti, costretti a guardare la partita in televisione sul divano di casa dalla chiusura della trasferta anche ai possessori della tanto contestata e sempre più discutibile tessera del tifoso.

Ma il messaggio degli ultrà napoletani doveva essere spedito, e furono i giornali e le emittenti televisive a divulgarlo. Le immagini dello striscione apparso nella Curva B dello stadio San Paolo all’inizio del secondo tempo furono riprese subito dai media. «Ogni parola è vana - riportava il telone esposto - Se occasione ci sarà non avremo pietà». Un avvertimento che preoccupa, non solo i destinatari.

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