Parma, la fine a un passo. Salta il match col Genoa. “Il campionato è falsato”

28/02/2015 alle 11:12.
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LA REPUBBLICA (F. S. INTOCIA, F. BIANCHI) - Salvo miracoli, il campionato del Parma è finito due settimane fa, quando i gialloblù hanno strappato un punto alla Roma all’Olimpico. Neppure la partita di domani a Marassi contro il si giocherà: Tavecchio ne ha disposto il rinvio, come già per Parma-Udinese. «Considerando lo stato morale, etico, individuale e sportivo dei calciatori, ho ritenuto che sarebbe stato un incontro tra soggetti martoriati e non più in grado di esprimersi alla massima potenzialità atletico-agonistica», ha detto il presidente federale. Il martirio non ha soluzioni dietro la porta. Venerdì prossimo l’assemblea di Lega avrà all’ordine del giorno il caso-Parma: non c’è accordo (serve l’unanimità) sull’autotassazione per consentire ai gialloblù di finire la stagione. Il patron del Toro, Cairo, dice: «Il Torino è disponibile, ma nessun aiuto a singhiozzo: o c’è una decisione di tutti e il Parma chiude il campionato, oppure niente». Non esistono fondi cui la Lega possa attingere: devono fornirli i presidenti. E ieri in consiglio federale Beretta ha detto al vicepresidente Aic Calcagno: «Metteteli voi calciatori, prendete 800 milioni di salari». Poi, ha risposto a distanza al capitano parmigiano Lucarelli: «Chi chiede di anticipare l’assemblea non conosce le regole».
Cosa succede ora? Se venerdì dalla Lega arriva «un segnale tangibile», l’impegno a un aiuto nella fase post-fallimento, i giocatori sarebbero pronti a fare ulteriori sforzi e a tornare in campo intanto contro Atalanta (in casa) e Sassuolo (fuori). Servirebbero “solo” i fondi per aprire il Tardini e poi andare a Reggio Emilia, lo sponsor (Folletto) ha dato la sua disponibilità. Poi, il 19 marzo, il Tribunale potrebbe dichiarare il fallimento e autorizzare il curatore all’esercizio provvisorio, se ci fossero le risorse per pagare gli stipendi di qui a fine anno: operazione da 10 milioni, qui diventerebbe decisiva la mano della Lega. Ma se i club di A non trovano l’intesa, salta tutto: non ci sarebbero spiragli per non chiudere bottega dopo il 19, e la squadra non giocherebbe neanche prima, non avrebbe senso (al massimo, andrebbe la Primavera in campo un paio di volte). A quel punto, game over e 0-3 a tavolino di qui alla fine. «È stata inficiata la regolarità del campionato, il calcio non ne esce bene», secondo il presidente del Coni Malagò.
Nel caos, il più sereno è il presidente Manenti: ieri a Parma stato contestato dai tifosi, ha risposto con frasi ironiche («Mi hanno chiamato Tevez e Morata, sono dispiaciuti se si parli solo del Parma e non di loro»), ha assicurato «col si gioca» (subito smentito), ha incontrato Pizzarotti. Il sindaco lo definisce «un interlocutore non credibile, se anche trovasse 50 milioni vorrei sapere da dove arrivano. Non ha idee chiare, non ha un piano. Sono pronto anche a chiudere il Tardini e inibirne l’uso».
Con i buoi ormai già sulla tangenziale, la Federcalcio ora chiude la stalla: in consiglio sono state portate le linee guida per stringere i controlli sugli assetti proprietari dei club, con l’introduzione di requisiti di onorabilità e solidità finanziaria sul modello inglese. «Nessuno potrà più comprare un club di A a un euro», ha detto Tavecchio. Ma i parametri per l’iscrizione, alleggeriti da qualche anno, non cambieranno per adesso. A breve dovrà essere nominata la commissione riforme, dopo la revoca della delega a Lotito: Tavecchio, che la presiede, ha invitato le componenti a fornire proposte scritte e a nominare ciascuna il proprio rappresentante. «Nessuna preclusione né veto del governo sul nome di Lotito», ha detto il n.1 federale. E se non si faranno le riforme, che richiedono il 75% dei consensi, Tavecchio è pronto a chiedere un commissario ad acta per abbassare la soglia prevista dallo statuto.

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