La Roma pensa da grande “Giochiamo senza paura anche se loro sono il Bayern”

21/10/2014 alle 13:01.
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LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Non toccatela. È così attraente, così perfetta di suo, nei lineamenti tattici e nel racconto preliminare dei protagonisti, , Guardiola, , Xabi Alonso, così legittimamente agognata da una parte e così correttamente rispettata dall’altra, che forse la “partita zen” sarebbe quasi meglio non giocarla, lasciarla così com’è nell’immaginario del popolo giallorosso, abituato alle delusioni, allenato a soffrire, quasi viziato dalla dark side del pallone. Roma e Bayern sono due versioni simili del “piacere” invocato ieri da , della gioia (sono sempre parole di ) di praticare uno sport collettivo che comincia da identità sparse, chiunque giochi, e che quindi conserva un suo cuore individuale, infantile: «È l’armonica somma delle soluzioni dei singoli a far nascere un’orchestra », disse Guardiola quand’era ancora al . Analogie spontanee.

Per gli scommettitori ogni risultato è possibile. accetterebbe il pari, modifica leggermente il concetto: «Solo se non facciamo gli spettatori della loro grandezza». Secondo il ct dell’U21 Di Biagio la Roma è la squadra più europea che l’Italia possa esibire. Le movenze dei giallorossi gli ricordano l’imprevedibilità della Germania campione: «Non è un caso che contro la Roma le avversarie sembrano sempre fuori partita». Strategie che accomunano. Proprio ripercorrendo il sentiero tattico del Bayern di Guardiola, il ct tedesco Joachim Löw ha vinto il mondiale scuotendo dalle fondamenta il calcio tedesco, per decenni aggrappato a Gerd Müller e Hrubesch, per decenni incarnato nel panzer. Löw ha usato Klose solo in casi d’emergenza e con compiti allargati. Nessuno, in Roma e Bayern, rimane fermo, né sopra né sotto. Così è , che oggi dovrebbe giocare tra Gervinho e , così Thomas Müller e Lewandowski. Persino nega spesso l’evidenza partendo da sinistra. Guardiola e non conoscono limiti alla creatività, spendono i loro giocatori in ogni zona del campo, insegnando loro l’arte del sacrificio che paga, dell’universalità consapevole. difende, Alaba fa anche la punta, diventa un ottimo centrale difensivo, almeno quanto lo fu Yaya Touré nella finale di che Guardiola vinse, proprio all’Olimpico, nel 2009.

La Roma è una stanza dalle pareti coloratissime in cui dei robusti altopartlanti diffondono la canzone degli “underdog”: «Siamo gli outsider, il Bayern è straordinario ma noi non abbiamo nulla da perdere, dovremo sfruttare le nostre occasioni». Il mantra di Rudi si lega all’altro ritornello: «Le partite di si preparano da sole, non c’è bisogno di richiamare concentrazione, motivazioni, spirito di squadra, qualità». Fluisce tutto naturalmente, come vien l’acqua al cavo della mano. Se il Bayern non può avere paura, la Roma non deve. In campo le due tenderanno a somigliarsi mentre fuori bacheche e trascorsi rimandano sensazioni fatalmente opposte, il Bayern con i suoi 11 scudetti negli ultimi 20 anni e le sue 3 finali di negli ultimi 5, la Roma con la sua affannosa e spesso vana, ma non per questo meno meritevole di essere vissuta, ricerca della felicità. Saranno aperte o sfacciate? Se prevalesse la prudenza si potrebbe rischiare la paralisi tattica, con conseguente contrazione dell’auspicato belvedere (ci starebbe). Come oggi, nel 2010 Roma e Bayern s’incontrarono nei gironi. Tre punti a testa. Si qualificarono entrambe. Poi l’anno si guastò. Ranieri e Van Gaal furono esonerati. Nel sold out dell’Olimpico, con 5000 tifosi bavaresi, nella speranza di una notte senza scontri (1100 agenti impegnati), nell’autorevolezza dell’arbitro (il “ricco” svedese Eriksson) si riconoscono le cornici ideali. È ancora presto, chi sbaglia potrebbe non pagarla carissima. Ma se fosse la Roma a non sbagliare, la canzone degli “underdog” finirà nella playlist dei sogni.

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