I paletti degli americani

26/01/2011 alle 09:18.

IL MESSAGGERO (R. DIMITO) - Gli americani mettono tre condizioni tassative, accanto ad altre. Unicredit resti col 25% della As Roma. Piazza Cordusio sia disposta a finanziare in parte gli investitori tenuti a lanciare l’opa. Per adeguarsi alle nuove regole internazionali dell’Uefa in vigore dal 2014, il club giallorosso dovrebbe ricapitalizzarsi per almeno 50-60 milioni.

Su queste richieste, secondo risulta a Il Messaggero, si sarebbe sviluppato il negoziato ieri a New York fra la delegazione di Unicredit - formata da Paolo Fiorentino, Piergiorgio Peluso e l’avvocato Roberto Cappelli - e i rappresentanti degli investitori Usa. Che secondo fonti attendibili sarebbe John J Fisher, il magnate californiano patron di Gap e Banana Republic, pronto a sbarcare a Roma in via del Corso, nel palazzo ex Messaggerie Musicali, per vendere i capi dei marchi casual. Tra il fuso orario (negli Usa ci sono sei ore in meno rispetto all’Italia) e la rete di riserbo che circonda le trattative, sarebbero filtrati solo queste indiscrezioni. Il confronto poi si sarebbe prolungato per molte ore per concludersi quando in Italia era notte fonda.

Italpetroli ha spiegato che il vertice americano «si inquadra nei contatti e incontri tecnici in corso con tutti i potenziali acquirenti selezionati per la partecipazione a questa fase del processo». E «nell’ambito di tale processo alcuni dei potenziali acquirenti hanno richiesto un contatto diretto con Unicredit, per valutare il possibile ruolo di quest’ultima a supporto finanziario dell’operazione». Ecco perchè nella missione oltreoceano sono andati solo i massimi rappresentanti della banca accompagnati dal legale che siede anche nel consiglio della As Roma, mentre in Italia è rimasto Alessandro Daffina, capo di Rothschild il cui compito è consistito nella selezione dei pretendenti. Come ogni trattativa c’è un tira-e-molla tra le parti fatto di do ut des, nel senso che Unicredit intenzionata comunque a cedere il controllo della squadra di calcio, potrebbe accettare alcune delle richieste, tipo la permanenza nel capitale con una quota di circa il 25% anche se probabilmente vuole garanzie sulla cosiddetta way out, cioè sui tempi (brevi) e il prezzo di uscita.

Piazza Cordusio potrebbe anche accettare di finanziare il compratore. Facendo due conti la banca chiede per il 67% almeno 150 milioni in modo da potersi ristorare in parte del debito dei Sensi. In Borsa invece la As Roma ieri valeva 152 milioni. Ai valori chiesti da Unicredit che resterebbe col 25%, gli americani dovrebbero investire circa 42 milioni per acquisire il restante 42% e in più dovrebbero spendere altri 50 milioni circa per l’opa. Già l’offerta pubblica d’acquisto: ma se Unicredit dovesse restare dal primo momento dentro la Roma cedendo subito il restante 42% rinuncerebbe a incassare il controvalore della sua partecipazione e sarebbe costretto a prendere parte all’opa assieme al partner. Quindi dovrebbe investire la sua quota parte (12,5 milioni) dei 50 necessari per comprare le azioni dai piccoli risparmiatori. E l’investimento nel capitale di rischio, come dice la parola stessa, rappresenta un esborso senza garanzie di rientro. Una soluzione di vendere subito il 67% agli americani facendo lanciare a loro l’opa, con un finanziamento della banca - un prestito è più sicuro - e in un secondo tempo rilevare la quota di minoranza.

Poi c’è il nodo della ricapitalizzazione per adeguarsi al fair play finanziario, le nuove regole imposte dalla Uefa. Dal 2014 la somma delle differenze tra ricavi e costi dei precedenti tre esercizi (2011, 2012, 2013) deve essere maggiore di 5 milioni. Nel primo biennio (2014-2015) un’eventuale maggiore differenza rispetto a 5 milioni può essere coperta con un aumento di capitale fino a un massimo di 45 milioni. E dal 2016 l’aumento consentito si riduce a 30 milioni per un periodo di tre anni. Secondo i calcoli fatti dagli investitori, già quest’anno la Roma andrebbe ricapitalizzata per 50-60 milioni. E vorrebbero che i i soldi li mettesse il venditore: anche su questo punto la notte potrebbe portare consiglio. Ma al tirare delle somme, data la complessità del negoziato, potrebbe essere opportuno un rinvio di qualche settimana del termine (31 gennaio) per le offerte finali. 

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